Fiat produrra in Serbia la nuova monovolume

17 Luglio 2017

Fiat sta mettendo in pratica quello che aveva programmato nel recente passato. I dirigenti del gruppo industriale torinese si erano volti verso Est, nella lungimirante visione che la loro delocalizzazione avrebbe portato frutti cospicui.

La Fiat, con Marchionne in testa, dopo avere acquistato marche minori come la Zastava  ed avere investito in centri di produzione quasi in disuso, come Kragujevac, in Serbia, adesso comincia a programmare la produzione di veicoli che, prima, erano costruiti in Italia. Primi fra tutti le vetture monovolume. Del resto, per un imprenditore, l’offerta presentata su un vassoio d’argento, come quella del governo serbo, non poteva essere rifiutata.

Se è vero, come è vero, che il governo di Belgrado mette sul piatto della bilancia  qualcosa come 250 milioni di euro, non credo ci possano essere discussioni. L’italianità delle auto va a farsi strabenedire e la Fiat passa all’incasso. Non solo, ma il governo serbo, è bene ricordarlo, promette al gruppo torinese di donare diecimila euro per ogni operaio serbo che verrà assunto all’interno del centro di produzione.
 
Così, dopo tante belle parole, i fatti sostanzialmente stanno così: chi ci finanzia, ha il nostro stabilimento. Detto, fatto. Tutti in Serbia per dare vita al FAS, Fiat Automobili Srbija. Marchionne decide di produrre nella ex Jugoslavia le auto monovolume, sottraendole perfino a Mirafiori, zoccolo duro degli stabilimenti torinesi in Italia. La preoccupazione sale, tra gli operai metalmeccanici del Lingotto.

Quelle fabbriche si vedono sottrarre la produzione della L0 e della L1, due nuovi monovolume targati Fiat. Che la giustificazione di Marchionne fosse una boutade, poi, non c’era nemmeno da rimarcarlo: “La colpa è dei sindacati di Pomigliano, perché non siamo sicuri di produrre senza incorrere nelle interruzioni dal lavoro”. Il risultato è uno solo: incertezza dei posti di lavoro in Italia. Fare impresa così, coi soldi altrui, ci riuscirebbe pure un analfabeta.